
Predica II
Del secondo laberinto nel quale son quelli che dicono di essere liberi
Se un fusse uscito del primo laberinto talché credesse che se be-
ne la sua volontà fusse tirata dalli obietti et spinta dalli affetti, nien-
tedimeno potesse resistere, muover se stessa, et col voler andare do-
ve volesse, in ogni modo si troverebbe in un laberinto molto più in-
trigato, imperoché direbbe: — Se ben son libero, in quanto che la
mia volontà senza esser mossa da creatura alcuna può muover se
stessa, et di più può, essendo dalle creature mossa, resistere, niente-
dimeno, atteso che la mia volontà pende da Dio et quanto all'essere
et quanto a tutte le sue attioni et opere, bisogna dire che non è li-
bera di poter volere o non volere questo o quell'altro a beneplacito
suo; anzi, perché alla divina volontà non può resistersi, è necessitata
a volere et operar tutto quello che Dio vuole che ella vogli et operi;
però non è libera —.
La divina volontà è la regina et la nostra la serva, però bisogna
che vogliamo quel che Dio vuole che vogliamo et non che Dio voglia
quello che vogliam noi. Et tanto più, quanto che i divin propositi et
decreti sono immutabili.
Se Dio fusse libero talché potesse mutarsi et volere hora ch'io vo-
lesse una cosa et hora un'altra nel medesimo tempo a beneplacito
suo, io alquanto participerei di quella sua libertà, in quanto che nel
mio volere, dependendo dalla divina volontà et di necessità con essa
conformandomi, potrei voler varie cose, secondo che Dio vorrebbe
che io le volessi, benché tutto vorrei di necessità. Ma hora, havendo
Dio nella sua mente risoluto il tutto, è necessario che io voglia secon-
pagina successiva »